Sere d’estate a Guturu arrujas

Sere d’estate a Guturu arrujas

Gutturu arrujas (15)In quegli anni, mio padre, lavorava lungo linea, come capo squadra nelle F. M. S. In un primo momento ci assegnarono la cantoniera di Campanasissa, dove c’era l’unica stazione intermedia tra Siliqua e S. Giovanni Suergiu, ma poi andammo a Gutturu arrujas .
In famiglia eravamo cinque figli più i genitori, ma nella cantoniera abitavamo in quattro, mamma, babbo, mia sorellina ed io, poiché i nostri fratelli maggiori erano sposati,
Degli anni trascorsi a Gutturu arrujas ho ricordi bellissimi, ma ciò che ricordo più volentieri sono le sere d’estate.Quando le giornate si allungavano, e l’aria si faceva tiepida, la sera aprivamo le finestre della casa, per fare entrare l’aria fresca, mio padre portava fuori due scanni, e con la mamma si sedevano al fresco. Per noi bambine era il momento più bello della giornata, soprattutto quando venivano a trovarci amici che abitavano a Pittiu. Padre, madre e una figlia della mia età, si chiamava Zaira e le piaceva giocare con noi. Il padre era cantoniere pure lui, e lavorava come il mio lungo linea. Avevamo preso l’abitudine di recarci una sera, noi a casa loro, e una, loro a casa nostra.

C’era da fare a piedi un bel tratto di strada, ma poi c’erano un paio d’ore da trascorrere in compagnia chiacchierando e ridendo. Era quella, la stagione che ci piaceva di più, perché potevamo ripetere un gioco che facevamo ogni estate. Quando arrivavano i nostri amici, subito dopo cena, c’era ancora luce e le cime dei monti erano ancora dorate dal sole. I grandi portavano le sedie fuori casa, e già parlavano, scambiandosi notizie di parenti o amici che abitavano a Siliqua, mentre noi bambine, approfittando della luce, nello spiazzo fuori casa, con un coccio già smussato dall’uso, disegnavamo un rettangolo, e dentro di questo, sei caselle che numeravamo. Alcune volte rifacevamo solo le parti che si erano cancellate camminandoci sopra. Poi, dopo una breve conta per stabilire chi dovesse iniziare, giocavamo a “piazza”. Quando a malapena si distinguevano le linee del rettangolo, era arrivata l’ora!

Bastava uno sguardo d’intesa fra noi tre, e iniziava l’avventura!
Prendevamo dalla casa tre mozziconi di stearica, dei fiammiferi, e via di corsa verso la galleria! Si, proprio la galleria, quella dove c’erano i binari, le traversine e le garitte, e dove di giorno passavano i treni.

Arrivate all’imboccatura, con un fiammifero accendevamo le candele, tenendone una ciascuna. Tenendole alte percorrevamo la galleria, e lo stupore si rinnovava ogni volta nel vedere i giochi di luci ed ombre che si formavano nelle pareti e sulla volta, e quando la luce illuminava quei serpentelli lucenti che formava l’umidità filtrando dalle pareti, un brivido ci faceva trasalire, ma passava tutto con una risata. Le nostre risate riempivano la galleria, e pareva che a ridere fossero cento persone.

Là dentro tutto era magico, e alla luce delle nostre candele diventava una grotta incantata. Non avevamo paura del buio, né di ciò che poteva celare. Camminavamo su un binario, cercando di non scendere, oppure contavamo le traversine che sostenevano i binari, ma il gioco più emozionante era quello di nasconderci dentro le garitte. Sono nicchie scavate nella roccia, dove gli operai che lavorano lungo la linea ferroviaria, se si trovano dentro al passaggio di un treno, possono rifugiarsi, per uscire subito dopo il passaggio. Erano abbastanza profonde da starci due uomini, e noi ci stavamo tutte insieme.
Il tempo trascorso là dentro assumeva un’altra dimensione, potevamo starci un’ora senza renderci conto del tempo che passava.

Quando ci stancavamo di stare dentro, uscivamo dalla galleria e girando da un lato salivamo sulla collina che sovrasta la volta. Le nostre risate volavano nell’aria e si diffondevano con la fresca brezza notturna, profumata d‘Elicriso e di Lavanda.
La voce dei nostri genitori che ci chiamavano, suscitava in noi un lieve sentimento di dispiacere, ma già correvamo con la fantasia a due sere dopo, quando sarebbero tornati i nostri amici, e per noi tre, sarebbe iniziata una nuova avventura in “galleria”.

Grazia Secci

 

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